23 gen 2008

Karma Scolastico


Ebbene, lo ammetto: non parlo mai di scuola (che pure è parte integrante se non fondamentale della mia vita).

Non lo faccio perché dovrei generalmente ricorrere a dei luoghi comuni.

Diciamo che adoro il rapporto con gli studenti - che, quando funziona, rende quello di insegnante uno dei mestieri più belli del mondo - e detesto tutto ciò che ruota intorno alle istituzioni dell'insegnamento.

Il racconto che segue è stato pubblicato su "la Repubblica" (edizione di Napoli) l'8 agosto del 2007 generando anche qualche ferma reazione di opposizione al contenuto.

L'unica cosa che posso aggiungere è che mi era sgorgato dal cuore quando un giorno - nel corso del mio unico anno di insegnamento alle Scuole Medie inferiori - mi resi conto del grado di esaurimento e/o presunzione che colpiva molti professori.

Era un campionario di frustrati e wannabe che mi passava davanti agli occhi quotidianamente: madri esaurite, scrittori falliti, persone mentalmente instabili, gente sull'orlo del burn-out, ecc. chiamati a svolgere un ruolo di fondamentale importanza in un ambiente difficile - la periferia orientale di Napoli - dominato dalle sottoculture e dalle logiche camorristiche.

E tutti si aggrappavano disperatamente alle ore (dieci) destinate alle assemblee sindacali e ai giorni di festa come a dei salvagente grazie ai quali fuggire per qualche istante.

Buona lettura.

Karma scolastico


A Sandro Onofri


Non ce la faccio più! Sono diventati impossibili! Ogni volta che sto io in classe deve succedere qualche tragedia! Dovrebbero stare attaccati con le corde sopra le sedie e invece se ne vanno scorrazzando liberi senza che nessuno fa niente!
Volete sapere che cosa è successo? E mo’ ve lo spiego, così capite bene i guai che uno rischia di passare!
Quella sciardella di Nora Elefante, quella che si crede tanto bella, si è messa a fare la scema con Giancarlo Bifronte, quel guappetto della II F che tiene il padre sotto controllo al centro di igiene mentale (e questo già vi spiega tutto…). Comunque – com’è, come non è – a un certo punto qualcuno manda a chiamare Nora in classe mentre c’ero io a fare lezione. E io, fessa fessa, l’ho fatta pure uscire. Ma mica andavo a pensare che quelle galline disgraziate di quell’altra classe… qual è? La I C? Mica pensavo che quelle della I C la volevano pigliare a mazzate?!
Fuori al corridoio è successo il finimondo: le cretine che si scippavano i capelli tra di loro, i bidelli che correvano per spartire chi potevano, i colleghi che uscivano dalle aule e se ne stavano come dei baccalà, i ragazzi che urlavano come dei selvaggi e ripigliavano tutto coi telefonini (quei farabutti, pezzenti, criminali, tutti quanti, quanti ne sono…).
E io? Io a strillare di smetterla e quelle a riempirsi di parole e a darsi alle mani come le vajasse che sono: “Lievate ‘a miezo!”, “Tu si’ ‘na zoccola!”, “Io te squarto!”. Ma voi avete capito? Hanno tredici anni ognuna e già vanno a fare le sgualdrinelle con i maschi!
E in tutto questo vi pensate che il preside ha pigliato qualche provvedimento? Ma no, tutto normale! Di sospenderle non se ne parla nemmeno! Anzi, quasi quasi era colpa mia!
Sono stanca, stanca, stanca di tutto. Ma ditemi voi: chi me lo fa fare? Io tengo mio marito che fa il commercialista e, volendo, potrei starmene tranquilla a casa a guardare le faccende mie e a fare la vita della signora. E invece? Invece mi devo alzare ogni mattina – prestissimo a causa dell’orario incivile che mi hanno affibbiato – per venire in questa scuola di cacca a combattere delle battaglie inutili per quei quattro soldi che mi danno al mese. E dire che lo faccio solo per un senso di missione, per portare un po’ di conoscenza a chi ne avrebbe davvero bisogno e che invece se ne frega…
Io ai miei figli ho insegnato il rispetto, l’educazione e l’importanza dello studio: loro sanno che se si comportano bene li mando dappertutto. E infatti vanno in palestra, a scuola di ballo, a scuola di inglese… Si sono aggregati tutti e due a delle belle comitive della Vomero-bene, gente altolocata: si vede già che vogliono elevarsi, che già si stanno costruendo il futuro. Mica come questi mascalzoni qui che sono buoni soltanto a vendere le verdure al mercato e a campare nei bassi! Se la cercano la loro condizione, è inutile che si stanno a lamentare.
Gliele vorrei dire io quattro cose al preside quando sostiene che sono io a non avere polso, che sono io che mi assento troppo! E ci mancherebbe anche che non mi potessi assentare! Un altro po’ e qui non si può neanche andare a far pipì, come nelle fabbriche dell’Ottocento! Io a quest’ora potevo essere assistente ricercatrice all’università, altro che scuole medie! Alle scuole medie mi ci trovo solo perché mi sono sposata e ho voluto fare dei bambini, non per altro. Ma questi mocciosetti di gente tanto come-si-deve – il migliore di loro tiene perlomeno un parente pregiudicato – mi stanno facendo perdere tutta la mia classe e la mia signorilità.
Ero piena di entusiasmo quando ho incominciato a insegnare, era un lavoro comodo: elargivo cultura, mi guadagnavo i soldi senza chiederli a mio marito così potevo farmi passare gli sfizi, tenevo il pomeriggio libero per rilassarmi e badare alle cose di casa. Però è cambiato tutto: adesso ci sono consigli di classe, controconsigli, collegi dei docenti, incontri scuola-genitori, verbali (che, siccome insegno Italiano, puntualmente toccano a me), carte e cartuscelle, casini che non vi dico… E, soprattutto, ci stanno gli scostumati, scostumati a tutti i livelli, tra gli alunni ma pure tra i colleghi che pare sempre che certi fatti non riguardano pure loro.
Ma come si può andare avanti in una scuola che funziona così? No, no, non è più cosa. Martedì ne approfitto che ci sta una bella riunione sindacale alle ultime due ore così me la scappotto e me ne vado a fare un po’ di shopping a via Chiaia alla faccia di preside, colleghi e compagnia cantante. Perlomeno il sindacato ogni tanto serve a qualcosa.
Poi mi prendo di sicuro un’altra ventina di giorni di malattia, così mi sveglio tardi, mi godo qualche bella giornata di primavera, cucino, invito qualche amica a casa a giocare a burraco e chi si è visto si è visto. Perché se non ci si prende cura di se stessi…
Mi fanno ridere quando si lamentano che la scuola non funziona… ma se sono proprio loro che ti costringono a fare così! Noi insegnanti siamo gente laureata e invece, a quanto pare, ci hanno preso per minatori. Io, col marito professionista, a fare quella che scava le gallerie! Stanno scherzando, non hanno capito proprio niente. Se non mi concedono i miei diritti, vuol dire che i diritti me li prendo io da sola.
Sì, sì, faccio così: altri venti giorni di malattia e poi ci stanno il ponte del 25 aprile e del primo maggio. Quest’anno mio marito, io e i ragazzi abbiamo deciso di andarcene a visitare Barcellona e Madrid con alcuni conoscenti. Ce ne andiamo a respirare un po’ d’aria diversa, fuori dall’Italia.
E poi una voltata e una girata arriveranno pure le vacanze estive. Ho giurato a me stessa che me ne sarei stata per un mese e mezzo stesa su una sedia a sdraio sulla spiaggia di Diamante. E, se tutto va bene, forse ci scappa pure una settimana al villaggio Alpitour di Taormina.
Non vedo l’ora.
Così mi rigenero davvero.

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